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Roberta Bruzzone commenta a "La vita in diretta" il caso del piccolo Nicola: "Alcune cose non convincono"

Roberta Bruzzone commenta a "La vita in diretta" il caso del piccolo Nicola: "Alcune cose non convincono"
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E' morto il principe Amedeo, duca di Savoia e d'Aosta. Aveva 77 anni

Si è spento stamattina ad Arezzo il principe Amedeo Duca di Savoia e Duca d'Aosta. Aveva 77 anni. Lo comunica la Real Casa di Savoia. A quanto apprende l'Adnkronos, Amedeo d'Aosta è stato colpito da un infarto fulminante alla vigilia delle dimissioni dall'ospedale San Donato di Arezzo. Di recente era stato sottoposto in una clinica di Milano ad un intervento chirurgico per l'asportazione di un tumore ad un rene ed era poi rientrato nella sua residenza a Castiglion Fibocchi, alle porte di Arezzo. Lo scorso 27 maggio era stato ricoverato all'ospedale San Donato nel reparto di urologia, poiché si era necessario un piccolo intervento. L'operazione era andata a buon fine, tanto che per oggi era previsto che Amedeo lasciasse l'ospedale. Ma un attacco cardiaco improvviso ha stroncato le ultime forze residue. LA BIOGRAFIA - Nato a Firenze il 27 settembre 1943, Amedeo di Savoia-Aosta era l'unico figlio di Irene di Grecia e di Aimone di Savoia, quarto duca d'Aosta re di Croazia con il nome di Tomislavo II; suo zio era l'omonimo eroe dell'Amba Alagi, detto il "Duca di ferro" e suo nonno era il "Duca Invitto" Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta. Per parte di suo padre era pronipote di Amedeo di Spagna, mentre per parte di sua madre nipote di re Costantino di Grecia, nonché pronipote di Federico III di Germania e di Giorgio di Grecia. Era inoltre pronipote della regina Vittoria del Regno Unito e di re Cristiano IX di Danimarca, nonché discendente dello zar Nicola di Russia. La caduta di alcune bombe alleate nei pressi di Firenze, a Villa Cisterna, la residenza fiorentina di Aimone di Savoia e di sua moglie Irene, provocò il parto anticipato del futuro protagonista del ramo cadetto Savoia-Aosta, che avvenne in una stanza al piano terra considerata al riparo dai bombardamenti. Il neonato ricevette il titolo di duca delle Puglie. Amedeo di Savoia-Aosta ha rivelato che, al momento della nascita, la madre gli fece prendere le impronte digitali dal questore di Firenze per timore che venisse rapito. Il 26 luglio 1944 su ordine di Heinrich Himmler, i nazisti deportarono il piccolo Amedeo nel campo di concentramento austriaco di Hirschegg, vicino Graz, insieme alla madre Irene di Grecia e alle cugine Margherita e Maria Cristina, uniche figlie di suo zio Amedeo, terzo duca d'Aosta, e della duchessa Anna d'Orléans. Dopo la liberazione dal campo di concentramento di Hirschegg, avvenuta nel maggio 1945, Amedeo visse per alcune settimane in Svizzera. Il 7 luglio 1945 Irene di Grecia con il figlio rientrarono in Italia: si fermarono prima a Milano, dove Aimone vide per la prima volta il figlio, e successivamente raggiunsero Napoli, dove Amedeo incontrò la nonna paterna Elena d'Orléans. In Italia, Irene e Amedeo si stabilirono a Fiesole, vicino a Firenze. Nel 1948 morì a Buenos Aires colpito da un infarto Aimone di Savoia, padre di Amedeo, e quest'ultimo assunse il titolo ducale come capo della casa Savoia-Aosta. In seguito Amedeo ebbe come precettore agli studi l'ammiraglio Giulio Cerrina Feroni, studiò presso il Collegio alle Querce di Firenze e al Seaford College in Inghilterra, poi presso il Collegio Navale Morosini di Venezia. Frequentò i corsi dell'Accademia Navale di Livorno, al termine dei quali venne imbarcato con il grado di ufficiale di complemento della Marina Militare per esercitazioni nell'Atlantico e nel Mediterraneo. Nel frattempo si laureò in scienze politiche all'Università di Firenze. Il 14 maggio 1962 Amedeo fu uno dei principi scelti per sostenere le corone sulla testa degli sposi durante la cerimonia del matrimonio di Juan Carlos di Spagna, suo cugino di secondo grado e Donna Sofia, sua cugina di primo grado. Dagli anni '70 Amedeo si è dedicato all'attviità di imprenditore agricolo, dirigendo la tenuta del Borro, nel comune di Loro Ciuffenna (Arezzo), di recente ceduta alla famiglia fiorentina dei Ferragamo. Secondo la tradizione degli Aosta, Amedeo ha sposato una principessa francese, Claudia dOrléans nata nel 1943, figlia di Enrico d'Orléans, conte di Parigi e pretendente al trono di Francia. Si incontrarono alle nozze dei cugini Juan Carlos di Spagna e Sofia di Grecia. Il matrimonio venne celebrato il 22 luglio 1964, a Sintra, in Portogallo. Testimoni dello sposo furono Juan Carlos di Spagna e Umberto II d'Italia. Nel 1976 la convivenza tra Amedeo e Claudia termina, i coniugi divorziano a Port-au-Prince, ad Haiti, il 26 aprile 1982, e il matrimonio viene dichiarato nullo dalla Sacra Rota a Roma l'8 gennaio 1987. Claudia si è risposata poco dopo con un editore americano, Arnaldo la Cagnina. I figli sono rimasti con Amedeo nella tenuta del Borro. Il 30 marzo 1987, Amedeo ha sposato in seconde nozze, a Bagheria (Palermo), Silvia Paternò Ventimiglia di Spedalotto, figlia di Vincenzo Paternò e di Rosanna Bellardo e Ferraris di Celle. Dal primo matrimonio con Claudia d'Orléans sono nati i figli Bianca (2 aprile 1966), sposata nel 1988 con il conte Giberto Arrivabene Valenti Gonzaga; Mafalda (20 settembre 1969), sposata una prima volta nel 1994 con il principe Alessandro Ruffo di Calabria, dal quale ha divorziato nel 2000, e una seconda volta nel 2001 con Francesco Lombardo di San Chirico; Aimone (13 ottobre 1967), sposato con la principessa Olga di Grecia. Amedeo ha avuta anche una figlia naturale da una relazione con Kyara van Ellinkhuizen. Amedeo è stato protagonista nell'ultimo ventennio anche di un disputa dinastica. La sua posizione nella linea di successione è controversa: parte dei monarchici sostengono che Amedeo sia il Capo della Real Casa, e quindi il legittimo pretendente al trono d'Italia, altri considerano che la posizione di capo della casa reale spetti a Vittorio Emanuele di Savoia e che Amedeo sia terzo in linea di successione dopo Emanuele Filiberto. La controversia è stata oggetto di un pronunciamento ufficiale della Consulta dei Senatori del Regno. La Consulta dei Senatori del Regno, una associazione privata creata nel 1955, il 7 luglio 2006, ha comunicato ufficialmente che Amedeo è da ritenere l'erede di Umberto II. Il motivo ufficiale sarebbe il matrimonio di Vittorio Emanuele di Savoia con una persona di differente condizione sociale. Nel settembre 2006 Vittorio Emanuele e suo figlio Emanuele Filiberto di Savoia depositarono all'ufficio brevetti dell'Unione europea la richiesta di registrazione dello stemma di "principe ereditario d'Italia" come logo aziendale, insieme ad altri simboli del patrimonio araldico di Casa Savoia. L'azione era volta ad impedirne l'uso ad Amedeo e Aimone di Savoia, cui era stato ingiunto di utilizzare il cognome per esteso, cioè Savoia-Aosta. Nella primavera del 2008 Vittorio Emanuele e suo figlio Emanuele Filiberto citarono in giudizio Amedeo ed Aimone per il fatto che si firmavano con il solo cognome di Savoia e non di Savoia-Aosta, configurando l'ipotesi di uso illecito di cognome. Nel febbraio 2010 il Tribunale di Arezzo ha condannato Amedeo e Aimone di Savoia per l'uso del cognome di Savoia e al pagamento del risarcimento dei danni arrecati pari a un totale di 200.000 euro. Ciononostante, Amedeo, che fin dalla nascita ha usato liberamente il cognome di Savoia o di Savoia-Aosta, ha presentato ricorso in appello vincendolo nel gennaio del 2018. Il 15 settembre 2010 la sentenza e la condanna sono state sospese, permettendo ad Amedeo e a suo figlio Aimone di usare il solo cognome "di Savoia".

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Scarcerazione Brusca, la mamma del piccolo Di Matteo non perdona il boss

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Bugo trascina Morgan in tribunale: l'esorbitante risarcimento richiesto al cantante

Il caso tra Morgan e Bugo scoppiato a Sanremo 2020 finisce in tribunale: la cifra pazzesca richiesta all'artista lombardo

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Funivia Mottarone, cabina "scesa a folle velocità: 13 morti sul colpo"

La rottura della fune trainante della funivia del Mottarone, per cause ancora da accertare, ha fatto sì che la cabina numero 3 in prossimità della stazione finale di Mottarone, "invece di arrestarsi sospesa alla fune portante come avrebbe dovuto fare, se fossero stati rimossi i forchettoni rossi cosiddetti blocca freni, iniziava a scivolare all'indietro, scendendo a folle velocità verso valle, in direzione Stresa, località Alpini e, dopo aver raggiunto il pilone numero 3 della tratta Alpino-Mottarone, si sganciava dalla fune portante, schiacciandosi a terra e rotolando a valle sul pendio fortemente scosceso, fino a quando impattava contro un albero". Un incidente che ha comportato la "morte immediata sul posto per politraumatismo contusivo-fratturativo con emorragia" di 13 turisti a bordo, il piccolo Mattia di 6 anni è morto alle 19.15 di domenica 23 maggio all'ospedale Regina Margherita di Torino dove è ricoverato l'unico sopravvissuto della tragedia. E uno dei passaggi del decreto di fermo emesso nei confronti di tre indagati dalla procura di Verbania. E ancora: la "condotta sconsiderata" di Luigi Nerini gestore della funivia del Mottarone, Gabriele Tadini caposervizio responsabile dell'impianto ed Enrico Pericchio ingegnere e consulente esterno tutti in stato di fermo in carcere a Verbania, "ha determinato" la morte di 14 persone e lesioni gravissime di un bambino di 5 anni che "comporteranno in caso di accertato riconoscimento della relativa responsabilità penale l'irrogazione di una elevatissima sanzione detentiva". Il provvedimento di fermo si basa sul pericolo di fuga, possibilità che la procura ritiene possibile "in considerazione dell'eccezionale clamore anche internazionale per la sua intrinseca drammaticità, che diverrà sicuramente ancora più accentuato al disvelarsi delle cause del disastro". Per gli inquirenti, dunque, la decisione di far aprire le porte del carcere si rende necessario perché "sussiste il pericolo concreto e prevedibilmente prossimo della volontà degli indagati di sottrarsi elle conseguenze processuali e giudiziarie delle condotte contestate", si spiega nel fermo di indiziato di delitto. "Tadini bloccava freni con avallo Perocchi e Nerini" Gabriele Tadini "ha ammesso di aver deliberatamente e ripetutamente inserito i dispositivi blocca freni (forchettoni) durante il normale servizio di trasporto passeggeri, in tal modo disattivando il sistema frenante di emergenza destinato a entrare in funzione ed arrestare la corsa della cabina della funivia in caso di pericolo ed in particolare di improvvisa rottura della fune trainante", si legge ancora uno dei passaggi del decreto di fermo. Una scelta che ha come fine quello di "ovviare ai problemi da tempo manifestatisi al regolare funzionamento del sistema frenante; condotta di cui erano stati ripetutamente informati tanto il Perocchi quanto il Nerini, che avvallavano tale scelta e non si attivavano per consentire i necessari interventi di manutenzione che avrebbero richiesto il temporaneo fermo dell'impianto, con conseguenti ripercussioni di carattere economico". Luigi Nerini l'amministratore unico delle Ferrovie del Mottarone che gestisce l'impianto della funivia, Gabriele Tadini caposervizio responsabile dell'impianto ed Enrico Pericchio ingegnere e consulente esterno sono in stato di fermo con l'accusa di omicidio colposo plurimo, lesioni gravissime e omissioni di cautele.

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Funivia Mottarone, oggi si prova il risveglio del piccolo Eitan

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